L’aumento dell’inflazione è ormai una realtà concreta in tutta Europa e anche in gran parte del resto del mondo. Poche settimane fa la Federal Reserve ha deciso un aumento dei tassi di interesse dello 0,75%, il più alto dal 1994, e anche la BCE è determinata a muoversi nella stessa direzione. Il rallentamento della produzione dovuto alla pandemia e la scarsità di materie prime causata dalla guerra in Ucraina non sembrano lasciare molta altra scelta e l’innalzamento dei tassi si presenta attualmente come la strada più percorribile per cercare di fermare la spirale dell’aumento dei prezzi.
Oltre allo spettro della recessione economica, in questo contesto la BCE si trova a dover affrontare anche un’altra sfida generata dalla necessità di contenere lo spread, in particolare quello tra i Btp italiani e i Bund tedeschi.
Un aumento del tasso di riferimento appare ormai inevitabile anche all’interno dell’Unione Europea. Recentemente, la Presidente della BCE Christine Lagarde ha annunciato che vi saranno due aumenti nel corso dell’estate. Il primo sarà dello 0,25%, mentre la portata del secondo rimane ancora da stabilire.
Per quanto riguarda il nostro paese, si teme che l’aumento del tasso di riferimento da parte della BCE produca un impatto esagerato sui tassi dei titoli di Stato e, di conseguenza, sul costo dell’accesso al credito. Non a caso, ultimamente abbiamo assistito a un deciso aumento dello spread tra i Btp e i Bund tedeschi, che vengono considerati il riferimento per il calcolo del tasso esente da rischio a livello europeo.
In questo senso, la BCE ha annunciato il lancio di un particolare programma di acquisto titoli volto al contenimento dello spread. Al momento non si sa però ancora molto sulle esatte modalità di implementazione e non sono in pochi a temere che lo scudo anti-spread si rivelerà di fatto inefficace.
Oltre all’impatto negativo sul costo del debito pubblico, l’aumento dei tassi annunciato dalla BCE si ripercuoterà inevitabilmente anche su tutte quelle imprese italiane che si ritrovano con dei prestiti in scadenza o che hanno optato a suo tempo per il tasso variabile.
In questo senso, dopo la pandemia potremmo trovarci a fronteggiare una nuova emergenza sul piano dei crediti deteriorati. Prevedere il reale impatto sul mercato degli NPL è al momento difficile, in quanto molto dipenderà dall’efficacia delle misure adottate dalla Banca Centrale Europea e anche da quelle messe in campo a livello nazionale. Per il momento, possiamo limitarci a dire che negli ultimi anni il nostro sistema bancario ha dato prova di solidità. Parallelamente, si sono affermate alcune nuove strategie di gestione degli NPL che si sono dimostrate efficaci, prima fra tutte la cessione del credito in ottica di un recupero sostenibile e orientato alla rivalorizzazione.
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